L’Istituto delle Adozioni Internazionali si connota di aspetti di eccezionale complessità se esaminato alla luce del contingente momento storico, caratterizzato dalle straordinarie trasformazioni in atto delle dinamiche sociali. Si pensi agli ingenti flussi di cittadini stranieri, verificatisi di recente, che sono venuti impattando su comunità già composte di migranti di seconda e terza generazione.
Un momento storico, quello attuale, fra l’altro segnato da una diffusa crisi delle politiche di welfare e dalla conseguente inadeguatezza – se non da una definitiva assenza – dei servizi sociali a sostegno di famiglie e minori.
In tale prospettiva, l’iter normativo, psicologico e sociale su cui si fondano le adozioni internazionali si svela in alcuni aspetti di inevitabile problematicità che occorre analizzare, con particolare riferimento alla fase successiva all’arrivo del minore adottivo in Italia. Proprio in tale direzione, a fronte della giornata di studi “Le adozioni internazionali: luoghi del cambiamento e traiettorie per il futuro” (Napoli, 23 Settembre 2011), organizzata da ARIETE Onlus in collaborazione con l’Assessorato alle Attività Sociali della Regione Campania, sono state condotte alcune riflessioni sulle criticità di un sistema che se efficace (ma certo ancora perfezionabile), in tutti i percorsi pre-adottivi, richiede una riorganizzazione procedurale ed operativa – nonché legislativa e giuridica – per tutte le fasi relative all’inserimento dei bambini adottivi nel tessuto sociale e familiare italiano. Sulla scorta di tali riflessioni è possibile tracciare alcune delle azioni che occorrerebbe pianificare a sostegno delle famiglie adottive.
In primo luogo, la creazione di percorsi preferenziali per le adozioni internazionali, ai fini di un accesso facilitato da parte di genitori e minori adottivi ai servizi socio-sanitari. Azione, la cui programmazione – indubbiamente – stride con le odierne restrizioni imposte a tutta l’area dell’assistenza sociale e sanitaria, ma che potrebbe agevolmente risolversi attraverso il coordinamento di tutti gli operatori coinvolti (l’equipe multidisciplinare per le adozioni esiste spesso solo sulla carta, soprattutto in alcune Regioni del Sud Italia). Tale coordinamento necessiterebbe di un reale – condiviso – riconoscimento al ruolo svolto dagli Enti Autorizzati, in nome della comprovata esperienza del personale che vi opera. Ciò allo scopo di rafforzare (e legittimare) l’erogazione di un sostegno psico-sociale specializzato per la post-adozione da parte dei suddetti Enti che verrebbero, in tal modo, ad affiancare sinergicamente i servizi socio-sanitari pubblici. Particolare attenzione andrebbe, quindi, rivolta alla progettazione di attività, volte a migliorare l’inserimento scolastico dei minori adottivi stranieri. Inserimento che, ad oggi, risulta difficile sia per una scarsa conoscenza da parte delle istituzioni scolastiche delle tematiche inerenti l’adozione internazionale, sia per la fisiologica difficoltà di adattamento, immediatamente susseguente all’arrivo del bambino straniero adottato che, sovente, si esprime anche sotto forma di una non facile integrazione scolastica.
Queste preliminari considerazioni circa l’urgenza di una ri-definizione e di una consona ri-organizzazione dei percorsi socio-assistenziali post-adottivi a sostegno di genitori e minori adottivi rimanda, altresì, all’esigenza di una “attualizzazione” delle relative procedure normative-giuridiche. Procedure che pur affermando leciti principi di uguaglianza e libero arbitrio per le famiglie adottive neo-costituite – la legge 184/1983 sancisce che, al di là dei report periodici da inviare ai Paesi stranieri secondo la legislazione ivi vigente, l’assistenza socio-sanitaria nel post-adottivo vada fornita «su richiesta degli interessati» – necessiterebbero di essere aggiornate, al fine di garantire un supporto legislativo coerente alla pianificazione degli interventi post-adottivi di sostegno psico-sociale ai bambini e ai genitori adottivi. Se si plaude al merito delle Istituzioni italiane per l’incremento delle adozioni internazionali – come confermano i dossier statistici della Commissione per le Adozioni Internazionali – occorre un ulteriore impegno per progettare azioni psico-sociali efficienti di monitoraggio e di assistenza, anchenella fase successiva all’arrivo dei minori stranieri nelle famiglie italiane. Ciò in quanto la complessità dell’evento adottivo nell’attuale scenario comunitario italiano rischia di trasformare un dato statistico (il trend in crescita delle adozioni internazionali) in un allarmante motivo di deriva socio-culturale, esemplificato dal fenomeno della restituzione (“dis-rupting”) dei bambini adottivi. Un fenomeno, quello del dis-rupting, che manifestando un fallimento generale di tutte le Istituzioni coinvolte nell’adozione internazionale, acuirebbe quel rischio di naufragio esistenziale, prima ancora che socio-economico, cui l’Italia risulta essere pericolosamente esposta.
Anna Benedetta Torre1, Simona Chiapparo2
1 Presidenza ARIETE Onlus, 2 Dipartimento Ricerca Scientifica/ ARIETE Onlus
Focus pubblicato il: 09/11/2011